Spesso il perfezionismo riflette una mancanza di autostima. Il perfezionismo e non essere mai contento con la propria performance diminuisce i livelli di motivazione, oltre che la percezione del proprio valore.
Alla base del perfezionismo vi è insicurezza e paura; la paura che se non si tengono alti livelli di perfezionismo si possa performare peggio, o ancora più spaventoso si possa fallire.
Un atteggiamento eccessivamente critico, è distruttivo sulla nostra autovalutazione e può peggiorare la performance. Notare invece ciò che facciamo di positivo e le nostre qualità, ovviamente senza trascurare il desiderio e la spinta “il drive” aiuta a migliorarci. Occorre rimuovere le cause e le variabili che contribuiscono all’ insicurezza. A volte questo atteggiamento eccessivamente critico è il risultato di modelli di ruolo di questo tipo che addirittura risalgono alla nostra infanzia, mentre in altre situazioni il proprio allenatore, il pubblico, i colleghi, il datore di lavoro possono creare pressioni ed aspettative elevate.
Le persone perfezioniste hanno la convinzione di non poter mai fare errori ed hanno quindi un elevatissimo standard da mantenere. Tutto questo è troppo, anzi umanamente impossibile. La possibilità di commettere errori, li terrorizza e la maggior parte delle volte si prova delusione verso sé stessi. La conseguenza del performare costantemente ad alti livelli è quella di un carico di emozioni negative per il cervello quali tristezza, rabbia, frustrazione, ansia e stress. A volte si è talmente in questo “loop” che non ve ne è consapevolezza. E’ necessario chiarire cos’è lo standard elevato e cos’è lo standard eccessivo. Caratteristiche cognitive sono il “black or white thinking” esempio “se ho bisogno dell’aiuto dell’altro, allora vuol dire che sono debole”.
Un’altra paura che sottintende il bisogno di performare sempre in modo perfetto, è legata al giudizio degli altri perché si teme di provare forti emozioni negative quali quelle di vergogna ed imbarazzo. Il pensiero non è obiettivo e realistico, è un pensiero rigido ed assolutista e questo chiaramente porta ad un comportamento disfunzionale.
Occorre quindi trasformare il pensiero perfezionista in un pensiero realista, quale ad esempio invece che devo essere il migliore di tutti, modificarlo in “devo fare il meglio che posso con le capacità e le risorse che ho”. Oppure, qualora avvengano errori, permettersi di sbagliare e valutare anche in che modo posso imparare da essi. Cambiare prospettiva ed approcciarsi in modo più obiettivo nelle valutazioni è un’altra strategia cognitiva che può essere utile nel contrattaccare il perfezionismo . Ad esempio “se dovessi aiutare il tuo migliore amico come gli parleresti”, poiché coloro che sono molto autocritici e perfezionisti solitamente verso gli altri hanno un dialogo più “compassionevole” e realista e questo tipo di prospettiva può essere poi applicata anche verso se stessi per parlarsi e pensarsi in modo più costruttivo ed obiettivo, oltre che motivante perché la realtà è che un dialogo critico distrugge nel tempo la passione.
Un'altra caratteristica tipica del performer perfezionista è il bisogno di controllo. La vita reale e la “dura realtà” è che nessuno di noi ha il pieno controllo su tutte le variabili della propria vita, però può scegliere come reagire a questa dura realtà ed alle situazioni che lo circondano.
Il bisogno del controllo per compensare imperfezioni o “prevenire” che si manifestino le nostre paure è un’illusione. Più si prova a controllare e maggiormente si crea tensione muscolare, pesantezza mentale, fatica, frustrazione ed ansia.
Lasciare andare, essere consapevoli di non dover controllare crea maggiore lucidità, leggerezza, un corpo più fluido e maggiore benessere emotivo.
Accettare di fare del proprio meglio e non essere il migliore è la massima perfezione soggettiva che contribuisce ad un equilibrio interiore e ad una performance ottimale.
Fare quello che puoi con le risorse che hai, nella performance in cui sei! Questa è la tua vittoria!
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